don sergio carettoniblog curato personalmente dall'autore
Celebrare le persone lungo le tappe del Cielo

Celebrare le persone lungo le tappe del Cielo

Quando guardiamo la pelle della nostra vita scopriamo che su di essa il tempo, la storia, le esperienze fatte e le persone incontrate hanno lasciato ciascuna il segno del proprio passaggio. Chi in un modo e chi in un altro, tutto ciò che è entrato dentro la nostra vita, dentro la vita poi è rimasto nell’eco del suo significato, nella memoria del valore che ha avuto e ha lasciato in noi.

Facendo un bilancio di quanto abbiamo vissuto da protagonisti, oppure inevitabilmente abbiamo subito per mano altrui, ci è data l’opportunità di computare diversi bilanci e ammirare in un solo sguardo il quadro della presenza del bene e, purtroppo, anche del male in noi e attorno a noi.

Riusciamo anche a riconoscere i momenti in cui i punteruoli della vita hanno tatuato con variopinte gradazioni di colore i chiaroscuri della nostra storia personale. Non solo quelli visibili, ma ci sono anche tatuaggi invisibili in quasi tutte le persone, perché disegnati, colorati e incisi sotto pelle. E mentre ciò che sta alla luce del sole è esposto alle intemperie della vita e via via si scolora sempre di più, quanto è affrescato dentro, sotto pelle, conserva a lungo in ogni persona la memoria del suo artista, il bene o il male.

Secondo la legge che nelle relazioni umane tutto regola in un dentro e in un fuori, quanto fin qui detto non ha valore solo in entrata, cioè dal mondo esterno, fuori di noi, al nostro mondo interno, passando per la porta della vita. Lo stesso vale in uscita, partendo cioè dalle profondità del nostro vissuto interiore ed entrando gradualmente nella vita di chi abbiamo incontrato, così come di chi adesso ci cammina accanto: noi siamo quella forza creativa di bene, o distruttiva di male, che disegna, colora e incide la pelle fuori e dentro di tutte le persone che abbiamo incontrato un giorno, così come anche delle persone che ci stanno frequentando ora.

Partendo dalla convinzione, più che viva e più che vera, che in bene e in male le storie delle persone sono comunque intrecciate fra loro da un grande mistero di senso e di morte-vita, un legame importante e un coinvolgimento affettivo sono dati soprattutto da ciò che ogni singola persona vive e sperimenta nel respiro della sua esistenza, ciò che costruisce e modifica con le sue mani, ciò che suona e ascolta dentro le note della sua melodia.

Di fronte alla preziosità di ogni singolo uomo e di ogni singola donna, celebrare i momenti salienti della vita degli altri certo è questione di galateo e di amicizia, ma nell’ottica della fede e nella forza dello Spirito nella vita delle persone a noi vicine noi celebriamo il mistero dell’amore di Dio, il coraggio della sua forza salvifica, la pazienza della sua luce santificante.

Solo gli occhi della fede ci aiutano a scorgere nella nostra e nella vita di tante altre persone il passaggio delicato di Dio e come su ciascuno egli abbia lasciato i segni del suo amore e della sua benedizione.
Celebrare la vita delle altre persone significa andare ben oltre i tanti motivi umani che ci invitano a fare festa con loro e a loro – nascita, compleanno, diploma, successo sul lavoro… –, ben di più, invece, imparare a riconoscere per primi come nella loro storia personale c’è stato un passaggio importante, trasformante, quello di Dio e, al di là degli errori commessi, lodare per questo l’opera amorevole del Padre di tutti.

Lo aveva capito benissimo la donna samaritana, di cui non sappiamo il suo nome ma che rappresenta l’anima di tutte le persone affamate di delicatezza e di amore, la samaritana che in Gesù aveva sentito tutto il calore di una carezza sulla sua anima, tutto il rispetto di un sorriso per lei liberalizzante, tutta la fiducia creativa del Dio dei suoi padri. A Gesù lei non esita di dire: «”Signore, vedo che sei un profeta! I nostri padri, Samaritani, adoravano Dio su questo monte; voi in Giudea dite che il posto per adorare Dio è a Gerusalemme”. Gesù le dice: “Voi Samaritani adorate Dio senza conoscerlo; noi in Giudea lo adoriamo e lo conosciamo, perché Dio salva gli uomini cominciando dal nostro popolo. Ma credimi: viene il momento in cui l’adorazione di Dio non sarà più legata a questo monte o a Gerusalemme; viene un’ora, anzi è già venuta, in cui gli uomini adoreranno il Padre guidati dallo Spirito e dalla verità di Dio. Dio è spirito. Chi lo adora deve lasciarsi guidare dallo Spirito e dalla verità di Dio”» (Gv 4,19-24). Con la sua risposta Gesù dimostra la propria volontà di restare al centro del crocevia di ogni autentica ricerca di un contatto umano con Dio. Tuttavia, egli sposta l’attenzione di chi lo ascolta, anche di chi lo incontrerà nel futuro arco dei secoli, dalla tradizione di un luogo in cui pregare – tempio o monte o … – alla novità di una relazione da abitare, lo Spirito di Dio, lo Spirito della verità, lo Spirito del Risorto.

Celebrare le persone e la loro storia di uomini e di donne, incamminati a loro volta lungo il sentiero della fede, vuol dire entrare in contatto con la loro personalissima esperienza di Dio, della verità, della vita, scoprendo come nella Chiesa tutto questo acquista un nome che va al di là dei semplici legami di sangue o di amicizia, quando il tutto di ciascuno diventa occasione ed esperienza di famiglia di Dio; e in famiglia c’è festa per tutti!

don sergio carettoni