La convinzione di vedere sempre e tutto in anticipo, con precisione e senza possibilità di errore, è illusione grande di un solo momento o di tutta una vita.
La preziosità del vedere invece sta nell’arte del battito delle palpebre, un battito dopo l’altro, senza numero, senza fine, all’infinito, veloce o lento che sia, al ritmo comunque dei propri pensieri.
Nella frazione di un millesimo di secondo gli occhi staccano la presa di un’immagine, la loro fissazione su un particolare frammento di vita, e permettono a chi osserva di inserire fra essi e il mondo esterno la possibilità di un quasi impercettibile velo nero, una sorta d’istante magico, affinché la stupenda esperienza della presa di coscienza del proprio io nel tempo e nello spazio circostante non sia accecata dal troppo guardare senza senso e, così, vada irrimediabilmente perduta.
Il miracolo del vedere bene ad ogni passo sta nell’originalità di una palpebra chiusa, quando in un solo istante essa è pronta a partorire il seme della vita, il valore e il senso profondo dell’arte del guardare, con occhi disincantati, la bellezza dell’altro fuori di Sé.
Quanto è vero, allora, che chi sogna ad occhi aperti altro non rivela di avere perso l’uso delle proprie palpebre.