Molti decenni fa fu una felice scelta editoriale quella di dare all’enciclopedia dei ragazzi il titolo di “conoscere”, un verbo che diceva qualcosa di molto più importante che il solo imparare cose nuove. Conoscere diventava lo scopo del prendere in mano uno dopo l’altro quegli undici volumi, il segreto di un viaggio che si poteva compiere dentro la storia dell’umanità e dell’universo, per scoprire cose fantastiche, per imparare consigli e lezioni di vita purtroppo anche dalle cose brutte.
Ma raccogliere su un fatto accaduto quante più notizie possibili, sapere con certezza dell’esistenza di una cosa o di un’altra, non è assolutamente sufficiente per dire di conoscere con precisione quanto fino a poco prima ci era totalmente ignoto. Le cose cambiano quando si inizia ad avere invece una cognizione ampia e approfondita di qualcosa. E spesso si raggiunge un buon livello di conoscenza solo dopo una ricerca appassionata della verità delle cose, risultato e frutto anche di uno studio attento di ogni piccolo dettaglio, sicuramente lungi da qualsiasi tentazione di curiosa civettuosità. Conosce è l’esatto opposto di verbi come curiosare, impicciarsi, sbirciare dentro le cose e la vita degli altri. Conoscere non ha niente a che vedere con il tentativo di possedere la storia delle persone entrate ad un certo punto in relazione con noi, quanti hanno condiviso con noi parte del loro viaggio, chi si è appoggiato a noi per un breve momento di sostegno e di aiuto.
Tuffandoci dentro la nostra stessa interiorità, là dove pulsa l’interesse per la vita e per le sue dimensioni creative, scopriamo che in noi tutto nasce dal desiderio di conoscere, non solo noi stessi e il mondo attorno a noi, ma di sapere come stanno realmente le cose, anzitutto la verità della nostra storia personale. Lo sforzo è quello di raggiungere e di imparare a cogliere il senso di tutto ciò che abita la nostra vita.
Più che un solo immagazzinare nozione dopo nozione, notizia dopo notizia, sapere dopo sapere, nella vita si arriva a conoscere la verità di una data cosa solo esperienza dopo esperienza, acquisendo dimestichezza in quell’arte dell’appuntarsi sulla propria pelle come la saggezza della vita, senso sacro di tutto ciò che esiste dentro e attorno a noi, ci dà indizi per riconoscere che cosa veramente dona colore e sapore al nostro esistere.
E la conoscenza diventa un cammino di vita, quando si iniziano a percorrere le dimensioni del profondo e della vastità della propria identità di persone capaci di pensiero, di sentimento e di azione.
Sì, si può giungere nella vita a un buon livello di conoscenza della stessa vita dopo averla incontrata, provata, sperimentata all’interno di reciproche relazioni fatte non solo di frammenti personali, ma anche dell’infinito presente, come perla preziosa, dentro la conchiglia di se stessi e delle altre persone. S’impara, così, dalla vita a capire chi sono gli altri per noi e chi siamo noi per gli altri, ad avere dimestichezza non più con le maschere proprie e altrui ma con la capacità di sapere in profondità quale possono essere i caratteri, le indoli delle persone che ci vivono accanto.
Conoscere diventa anche un graduale essere coscienti di se stessi, un riconoscersi per quello che si è nella verità delle cose; distingue, discernere non solo il bianco dal nero, il bello dal brutto, ma avere un’idea vincente e rendersi conto di che cosa voglia dire avere a che fare nella propria vita con il bene e con il male. Qui tutto diventa un riconoscere, un individuare, un ravvisare la propria storia personale attraverso i suoi cinque sensi naturali e spirituali, nonché le motivazioni e le ragioni che ci portano a lasciarci guidare in ogni cosa dalla mente e dal cuore.
In questo viaggio alla scoperta delle proprie origini, e nell’intuizione di quale potrebbe essere una possibile conclusione della propria vita di uomini e di donne appartenenti a tutti i tempi della storia umana, s’inserisce quanto ci ricorda l’evangelista Giovanni, un piccolo frammento del discorso di Gesù durante l’ultima cena con i suoi discepoli; egli afferma: «La vita eterna è questo: conoscere te, l’unico vero Dio, e conoscere colui che tu hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17,3).
Alla fine di qualsiasi ragionamento si impara a maneggiare il verbo conoscere non certo restando fermi dentro se stessi, ben saldi sui propri piedi, ma muovendosi dentro spazi e tempi che non ci appartengono, perché non sono solo nostri, ma di Dio e degli altri uomini e delle altre donne. Si conosce nell’uscire da se stessi, mettendosi in viaggio, raggiungendo ed entrando in contatto con mondi nuovi, con storie di vita fino ad allora sconosciute, con misteri e verità dell’esperienza umana tutte da apprendere, tutte da abbracciare. Sì perché conoscere nella vita fa la differenza della vita, come un abbraccio è sempre un’altra storia rispetto a una cortese, formale, stretta di mano.