don sergio carettoniblog curato personalmente dall'autore
Davvero una porta è questione di coraggio

Davvero una porta è questione di coraggio

Da che mondo è mondo, ogni casa ha la sua porta d’ingresso, uno spazio attraverso il quale si transita, in entrata e in uscita, a velocità diverse, in un senso o nell’altro, in un momento preciso o in un altro attimo della propria giornata.

Se si guarda la vita in modo più allargato, anche dentro una storia personale ci sono non una ma diverse porte da attraversare, da quella principale, alle altre infinte porte secondarie, interiori, segrete, intime; tanto che viene naturale dire che la vita è un continuo varcare di porte, sempre avendo nel cuore la speranza di trovarsi bene e felici al di là del varco di tutte le soglie.

Alla luce delle scelte di fede che si vogliono fare, alla scuola delle tante esperienze vissute, abbiamo imparato bene che si entra e si esce in modo giusto da una porta solo quando è presente in noi il senso della responsabilità, come il risultato di una volontà decisa, salda nella forza del bene, risoluta a concretizzerà la propria felicità oltre il varco di tutte le soglie, fuori dal blocco di tutte le porte chiuse e, finalmente, dentro un viaggio di autorealizzazione.

Anche Dio usa lo strumento della porta, per varcare gli spazi e i tempi della storia delle persone da lui cercate, da lui incontrate. Rispettosamente e delicatamente, secondo i tempi divini del suo orologio, Dio bussa alla porta della vita di ogni uomo e di ogni donna e, ricevuto il permesso di entrare, non esita a tuffarsi dentro una nuova relazione amicale con ogni singola persona, appartenente di suo a popoli e a culture diverse tra loro.

Già nell’atto di accostarci ai racconti evangelici ogni volta scopriamo come nella persona e nella storia di Gesù di Nazareth Dio abbia deciso un bel mattino di varcare la soglia dell’umanità, per entrare in contatto e in relazione permanente con essa. All’interno di questo desiderio divino di relazione Gesù si presenta come la porta da varcare in un senso e nell’altro, nel senso di Dio verso l’umanità e nel senso delle singole persone verso Dio. Per questo motivo Gesù invita i suoi amici, coloro che lo seguono con consapevole coraggio, a seguirlo ancora più da vicino, intimamente, oltre la soglia presidiata delle loro storie personali, del loro cuore.

Per i fratelli e per le sorelle di una comunità cristiana rimasta sveglia insieme alle cinque vergini sagge, l’avventura del Vangelo è uno scegliere di varcare insieme la soglia degli spazi e dei tempi di Dio, al di là dello scontato di ogni giorno e di quelle tantissime storie di relazioni interpersonali che nascono, crescono e muoiono al di qua dell’Infinito. Per questo motivo, ai suoi amici Gesù chiede un atteggiamento di sequela attivo, mai passivo, poiché egli propone ad essi quel qualcosa di totalmente speciale che la singola persona deve decidere nel suo cuore e nella sua mente se abbracciare o meno, a sua volta lanciandosi con gioia dentro il cammino del suo discepolato.


Senza alcuna preclusione, Gesù di Nazareth, il Risorto della storia, non smette di invitare chiunque lo incontri a credere e a vivere il Vangelo della gioia in modo vivace e operoso, soprattutto all’interno del proprio vissuto personale. E alcuni verbi, scelti all’interno della grammatica della vita, chiariscono bene che cosa ciascuno debba essere e fare per riconoscersi oggi discepolo di Gesù, da ora in poi testimone della bellezza del suo amore vissuto nella sequela del Figlio di Dio.

don sergio carettoni