commento spirituale a
Mt 24,37-44
Gesù disse:
37 «Come è accaduto ai tempi di Noè, così accadrà anche quando verrà il Figlio dell’uomo. 38 A quei tempi, prima del diluvio, la gente continuò a mangiare, a bere e a sposarsi fino al giorno nel quale Noè entrò nell’arca. 39 Nessuno si rese conto di nulla, fino al momento in cui venne il diluvio e li portò via tutti.
‘Così accadrà anche quando verrà il Figlio dell’uomo. 40 Allora, se due uomini saranno in un campo, uno sarà portato via e uno sarà lasciato lì. 41 Se due donne macineranno grano al mulino, una sarà presa e una sarà lasciata lì. 42 State dunque svegli, perché non sapete quando viene il vostro Signore.
43 Cercate di capire: se il capofamiglia sapesse a che ora della notte viene il ladro starebbe sveglio e non si lascerebbe scassinare la casa. 44 Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo viene quando voi non ve lo aspettate».
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Un realistico sguardo sull’oggi della Chiesa ci porta a prendere atto di un crescente processo di scristianizzazione che colpisce, uno dopo l’altro, molti membri delle nostre Comunità di base. Un progressivo senso di vuoto dilaga in modo subdolo a più livelli e in momenti diversi, come diverse sono le realtà in cui la Chiesa oggi si sente fragile e debole.
Malgrado in cuor nostro nutriamo altre speranze, purtroppo constatiamo come le parole pronunciate da Gesù, giunto ormai quasi al termine del suo ministero di predicazione, restino vere e di bruciante attualità ancora oggi: «… e non si accorsero di nulla…».
La scena descritta dall’evangelista Matteo, che si presenta agli occhi dell’Uomo di Nazareth, è quella di un popolo eletto, Israele, che ha perduto la memoria del Dio della quotidianità, un popolo sbilanciato sull’appariscente dei riti e delle tradizioni religiose, distratto custode dell’Alleanza. Israele non riconosce neppure il tempo in cui il Signore ha mantenuto fede alla promessa del Messia; non si accorge di essere stato visitato dallo stesso Dio dell’Esodo, che in Gesù di Nazareth propone una nuova via di salvezza.
Di fronte a questa situazione di ateismo pratico, determinato da una vita normale troppo incentrata sul soddisfacimento delle necessità materiali dell’esistenza, quali il mangiare e il bere, con fermezza Gesù rivolge ai suoi discepoli un’esortazione alla vigilanza.
Usando un’immagine biblica ben nota ai suoi discepoli, il diluvio universale, mentre da un lato esalta la figura di Noè, poiché insieme alla sua famiglia si è rivelato un fedele uditore della voce salvifica di Dio, viceversa, Gesù biasima i contemporanei di Noè a motivo della loro presuntuosa fierezza e per il fatto che essi si ritennero sicuri ed incolumi da ogni calamità.
Lo spaventoso risveglio che questi ultimi vissero, Gesù lo trasforma in un severo ammonimento, affinché i suoi discepoli non cedano mai alla tentazione di costruirsi dei castelli di carta, oppure, peggio ancora, non facciano i conti con le incognite della vita e si cullino sulle personali sicurezze. Il vero discepolo ha sempre davanti a sé la venuta del suo Signore e l’aspetta con sperante pazienza.
Così sarà alla fine della vita di ciascun uomo: ma perché l’uno sarà preso e l’altro lasciato? Cosa vuole insegnare Gesù con questo discorso misterioso? Semplicemente che al suo ritorno egli farà molta attenzione all’interiorità, a ciò che abita il cuore di ciascun discepolo. È qui, negli atteggiamenti interiori, che si gioca il proprio misconoscimento o la propria adesione al Signore.
Esteriormente tutti gli uomini sono uguali davanti ai Dio, ma nel loro atteggiamento interiore uno fa parte del gruppo degli ignari, l’altro di quelli che sanno; uno conta unicamente su se stesso e sui propri piani, altro su Dio e sulla sua venuta; uno è solo con il suo lavoro, l’altro con il suo lavoro è insieme con Dio; uno è interiormente addormentato, l’altro veglia!
Vegliare l’arrivo del Signore è, dunque, quel tipico atteggiamento del cuore che rivela agli altri il proprio amore per l’Atteso da tutte le genti. In questo senso, la vigilanza del discepolo, di cui ciascun cristiano deve sapersi sempre rivestire, permette di leggere in profondità i fatti della propria vita, per scoprirvi in essi il passaggio di Dio. E perché questa capacità del cuore di leggere i segni di Dio non sia impossibile o solo frutto di un’utopia, occorre che la propria quotidianità sia abitata dalla dimensione contemplativa, cioè da una preghiera incessante.
È per questo motivo che accorgersi della venuta di Dio, andare al di là di una vita troppo normale, vincere ogni forma di ateismo pratico, giocarsi tutto e per tutto in autenticità, costituiscono insieme le principali vie da percorrere oggi al fine di predisporre il proprio cuore all’incontro con il Signore nel prossimo Natale, per il quale insieme cercheremo di prepararci come Comunità di fede in questo prossimo tempo di Avvento.