don sergio carettoniblog curato personalmente dall'autore
E se Dio si fosse tirato fuori?

E se Dio si fosse tirato fuori?

Siamo talmente sicuri di avere Dio a portata di mano, sempre pronto in tasca, che non ci accorgiamo nemmeno di avere talvolta le tasche bucate. Pensiamo di essere, di avere, di capire e di decidere… ma in verità è vero l’esatto contrario, non siamo, non abbiamo, non capiamo e non decidiamo… nulla. Questa illusione diventa quasi una certezza di vita quando prendiamo o difendiamo le nostre posizione, facendo leva sulla conta e sul sostegno dei numeri di un’apparente democrazia dell’opportuno, credendo che la maggioranza faccia verità di pensiero e, viceversa, la minoranza, magari anche quella della singola solitudine, sia sempre prova di errore in corso. E se non fosse così, cioè, e se fosse l’esatto contrario?

All’alba del primo giorno che ci conduce alla soglia del ricordo della passione del giovane Rabbi di Nazareth, il pensiero ci introduce e ci pone di fronte alla verità e alla drammaticità dell’epilogo della storia di questo prediletto Figlio di Dio. Sostando davanti alle scene dei racconti della sua passione, c’è una domanda che ritorna puntuale all’appuntamento di questi giorni, una domanda che ci si mette accanto, ci ascolta, ci interroga e si lascia interrogare: “e se Dio si fosse tirato fuori?”.

Fuori da cosa? Fuori da chi e perché? Sicuramente fuori, al margine, a una certa distanza dal suo contesto religioso, dai piccoli o grandi circoli di potere, dalla vita e dalla fede di chi riteneva essere l’unico autorevole rappresentante di Dio nella vita e nella storia del popolo d’Israele; fuori dal perbenismo e dal tornaconto della stragrande maggioranza di quelle persone che vivevano all’ombra di strutture di potere, politico, economico e religioso. Un Dio che volutamente si tira fuori dai cuori e dalle menti di uomini e di donne che oramai, a loro volta, si erano posti lontani dalla verità del cuore e della mente di Dio, è un Dio difficile, provocatorio, a tratti dispettoso e decisamente inutile. Perché non ripagarlo con la stesa moneta, l’espulsione? E così fu!

E Gesù è questo Dio espulso, perché provocatorio e difficile da accettare, ricercatamente scostante e destabilizzante. Quello di Gesù è un pensarsi come Dio in un nuovo stato di relazione con esseri umani rimasti umani, oltre il disumano di certi ruoli o posizioni, di certi gremi di casta, elitari, settari e perbenisti. Il suo è un restarsene volutamente fuori da un incastro di casi favorevoli, da parole sospese nel mezzo di discorsi incrociati tra loro, con lo sterno spaccato in due per la violenza di un rifiuto divenuto presagio di morte, ma libero nella sua solitudine, a pieno titolo dentro la sacralità di una Paternità e di un Amore che tutto e tutti scioglie in Sé.

Per Gesù tutto è finito qui, e qui così è rimasto, tra parole ancora non dette e silenzi di sospensione attorno discorsi di vitale importanza per lui e per ogni persona, con il traguardo di una condanna a morte da raggiungere, da abbracciare e da superare in un oltre tutto di Cielo. Eppure per lui non tutto è morto, anche se tra i suoi amici c’era chi si sentiva di non capire più nulla, ma si fidava delle Sue orme.

È chiaro che nella Chiesa del Risorto le cose sono sostanzialmente diverse e la differenza sta sempre e ancora una volta da quale parte ci si pone come suoi discepoli rispetto alla storia del Rabbi di Nazareth. Di fronte a lui la domanda è pur sempre legittima ora, come allora, come lo sarà per sempre, giusto per mantenerci svegli in una santa inquietudine: chiediamoci se rischiamo anche noi di diventare il fuori di Dio?

don sergio carettoni