alla sera del giorno
15.04.2018
Fin da piccoli ci è stato insegnato il valore della gratitudine: sapere dire grazie, sempre e con modi garbati, guardando in faccia la persona che poco prima ci aveva fatto dono di una sua attenzione, di una sua gentilezza, di un dono quanto mai gradito.
Un valore, la gratitudine, che abbiamo imparato nel tempo, con pazienza, e non sempre messo in pratica con naturalezza. Molte volte ci siamo sentiti obbligati a esprimere un certo grado di gratitudine quando invece non ce la sentivamo di essere così riconoscenti. E molto spesso, mentre dicevamo a bassa voce, a denti stretti, quel mezzo grazie, avvertivamo in cuore un senso di perdita di metà della sua gioia.
Eppure la gratitudine ha a che fare con quel bagaglio di sentimenti e di disposizioni dell’animo proprio che comporta un buon grado di affetto e di stima sincera verso chi ci ha fatto del bene, ricordando il beneficio ricevuto e desiderando di potere prima o poi ricambiare l’altra persona con qualcosa che possa farle piacere.
Non solo, ma quanto è vero che il nostro sentimento di gratitudine è una della espressioni più evidenti della nostra capacità di amare gli altri; un fattore essenziale per stabilire un rapporto di reciproca oblatività con il buono e con il generoso di se stessi e degli altri, così come un’educazione ad imparare ad apprezzare la bontà presente nel cuore di tanti nostri compagni di viaggio.
Anche nella vita spirituale la gratitudine che si prova verso Dio, e che a lui manifestiamo in tantissimi modi, può essere vista come un’espressione della maturità umana della nostra personalità di credenti. Una fede divenuta adulta è una fede capace di manifestare, nutrire e far crescere la propria capacità di riconoscersi ad ogni passo destinatari di mille attenzioni, di mille cure, di mille atti d’amore a firma di Dio.
È nella preghiera che la gratitudine che proviamo per il mistero di Dio suscita in noi l’arte del dialogo, la gustosità di dire a lui ripetuti grazie per tutto ciò che vediamo rendere bella la nostra stessa storia personale. Ecco perché, atteggiamento primo nella preghiera, arriviamo a scoprire che un singolo pensiero di gratitudine, innalzato con tutto il cuore al Cielo, diventa la preghiera più perfetta che ci sia dato modo di concepire e di vivere alla presenza di Dio.
Dirti grazie, Signore,
per noi non è sempre semplice,
non ci viene spontaneo,
forse perché il nostro sentimento di gratitudine
invecchia molto presto.
Per dirti grazie, Signore,
dovremmo imparare l’arte di guardare al passato
con l’attenzione di ritrovare in esso le orme del tuo passaggio,
i tratti in noi del tuo amore
e le scintille della tua benedizione.
Ringraziarti poi per il presente,
che ancora non ci è dato di conoscere appieno,
è un vero atto di fiducia,
la manifestazione di un avere e di un sentire che,
comunque vada, ogni cosa sarà oggi per il nostro bene.
Ringraziarti, alla fine,
per le cose che riguardano il nostro futuro,
per tutto ciò che ancora sta davvero al di là
della nostra capacità di previsione e di immaginazione,
è un immenso atto di fede nella tua onnipotenza, Signore,
nella tua forza di vittoria delle nostre paure,
delle nostre avarizie, della lussuria
e dell’ambizione che potrebbero rovinarci per sempre la vita.
Ci piace, Signore, pensarci così,
come a persone divenute adulte nella loro fede,
ora capaci di riconoscere il bene ricevuto da Te,
il vestito del tuo amore,
il calore di un sentimento più intimo
e più cordiale che fino ad oggi
mai ci ero stato dato modo di incrociare
lungo la nostra strada.
Insegnaci, dunque, Signore,
a sapere serbare tutto di noi,
per saperti dire grazie
per il tutto di Te.