Non siamo soliti lasciare entrare chiunque nella miniera che è dentro di noi. Giustamente, preferiamo costruire e percorrere da soli le gallerie che ci ritroviamo dentro, anche se, per questioni a noi ancora sconosciute, non sempre le abbiamo scavate tutte noi.
Seguendo il disegno di una mappa precisa di fili intrecciati tra loro, le gallerie che ci scorrono dentro altro non sono che le esperienze belle o brutte, presenti e passate della nostra vita. Diverse tra loro, l’una rispetto all’altra, per lunghezza e per grandezza, per capacità di penetrazione delle situazioni rocciose o tenere della nostra personalità, volute e autorizzate oppure abusive, ad opera di intrusi venuti a picconarci e a sbadilarci dentro, a lume di ragione lungo le singole gallerie andiamo e veniamo, ma mai a mani vuote.
Più che per stivare e nascondere, in miniera si scende per scavare e per estrarre dalle profondità delle nostre reciproche identità personali qualcosa di prezioso, di unico, che in superficie non si trova.
È un viaggio dentro, talvolta attraversato anche da attimi di paura, ma pur sempre alla ricerca della preziosità, della bellezza, dell’unicità di se stessi, quello che ciascuno può e deve fare da solo. Nessuno può essere preso a giornata dentro di noi, nella miniera del nostro io.
Ed ecco che dalla ramificazione infinita dei nostri cunicoli interiori, dalle profondità tutte da esplorare del nostro io, via via arrivano in superficie, più che carrelli di carbone, carrelli ricolmi di ogni ben di Dio. Infatti, dentro di noi invece di carbone sentiamo il bisogno di scavare significati.
Senza la conoscenza della verità e della bellezza non ci sarà mai via di risalita dalle profondità della nostra vita, non ci sarà mai via d’uscita dalle nostre oscurità di senso, non ci sarà calda luce di libertà.
Senza la conoscenza del proprio cuore non saremo mai veramente noi stessi. Liberi!