don sergio carettoniblog curato personalmente dall'autore
Non scherziamo: il sepolcro non può essere vuoto!

Non scherziamo: il sepolcro non può essere vuoto!

Come nella vita ogni viaggio parte da un punto preciso del mondo, così anche nelle cose dello spirito c’è un punto di partenza unico, esclusivo, legato a un’esperienza religiosa entusiasmante. Per i discepoli di Gesù il viaggio comunitario della fede parte da un punto geografico altrettanto preciso: il sepolcro vuoto, quello di proprietà di Giuseppe d’Arimatea e da lui messo generosamente a disposizione di Maria, la madre adottiva dell’apostolo Giovanni, il suo sepolcro per la sepoltura del Crocefisso di Nazareth.

Tutto ha avuto inizio da questo punto triste e buio, perché tetro e minaccioso: il sepolcro del Crocefisso. Ricavato da una roccia, sita al di fuori delle antiche mura della città di Gerusalemme, questo luogo di sepoltura lo possiamo riconoscere anzitutto come uno spazio di morte. E benché nel nostro viaggio dello spirito ci lasciamo vincere dalla tentazione di passare oltre, lo sappiamo bene che questa tomba, come ogni altra tomba, altro non è che il crocevia delle coordinate della morte. Insieme al corpo giovane o vecchio di una persona, nel sepolcro via via si dissolve più di tutto quell’unico e irripetibile mondo di pensieri, di emozioni, di ricordi, di opere e di desideri di tutta una vita. Ed anche se all’interno della tomba viene custodita per un po’ di anni la corporeità inanimata di una persona, con lo scorrere del tempo esterno la memoria di tutto ciò che ha fatto parte e ha colorato i giorni di quella storia personale gradualmente scivola nella valle dell’oblio, fino al giorno in cui su tutto e su tutti regnerà indisturbato il Nulla!

Al medesimo destino d’oblio, alla valle del nulla, con la certezza della sua morte era stato designato, era affidato lo stesso Gesù. E mentre Giuseppe di Arimatea deponeva nel sepolcro costruito per sé il corpo martoriato di Gesù, le porte del Nulla si schiudevano ancora una volta per accogliere quella vita falciata dalla violenza del Male.

Anche per noi, così come per chi aveva conosciuto e amato Gesù, il suo sepolcro diventa simbolo dei tanti luoghi di non-vita; simbolo di tutte quelle storie personali o di gruppo che hanno conosciuto il triste destino dell’abbandono e dell’oblio; e tutto questo, spesso, ai margini dei più diversi modi di vivere delle nostre città. Nel cuore e nella mente di chi guarda con grande partecipazione al mistero della morte di una persona a lui cara, la vista del sepolcro suscita emozioni e domande senza fine.

Tuttavia, se il pensiero e il cuore ritornano a Gesù, c’è qualcosa che non torna, che non batte bari, qualcosa che si trasforma in un groviglio di parole e di attestazioni: il sepolcro è vuoto! Boh?!?

don sergio carettoni