don sergio carettoniblog curato personalmente dall'autore

Non solo una mano alzata

RUMINATIO SINODALE – 21
3° tema: “Prendere la parola

Talvolta lo si fa a sproposito, e la cosa viene del tutto naturale. Si apre bocca per dare fiato a quello che ci ritroviamo sulla punta della lingua. Spesso lo facciamo per dare vita e direzione alle parole che scopriamo vive dentro di noi, per dire quello che è frutto di un pensiero, di un ragionamento, oppure di un istinto, di uno sfogo non più controllabile.

A volte si chiede la parola, avanzando il diritto di esprimere la propria idea e la libera condivisione di un punto di vista personale, un’opinione, un disaccordo oppure una conferma, una approvazione. Che si tratti di sfogo o di condivisione, prendere parola equivale a offrire, consapevolmente o meno, il proprio contributo di pensiero e di comunicazione affinché il vuoto di senso di tante parole sia ricolmato dal senso dei nostri vissuti personali.

Prendere la parola rivela un preciso atto di volontà, quello di accettare di entrare personalmente in relazione con le altre persone, superando i più diversi muri del silenzio, del mutismo, della voglia di non avere poi molto a che fare con gli altri. Infatti, rivolgere la parola a qualcuno significa entrare in rapporto con lui, con la sua identità di persona, con la sua storia personale. E nulla, una volta aperto il discorso, resta come prima, perché proprio al crocevia delle parole in entrata e in uscita ci si perde o ci si incontra per sempre.

O dentro un momento dove ci è chiesto di rendere conto del proprio operato, o all’interno di una riunione a cui si è stati invitati, o per una questione professionale oppure per rinsaldare sempre di più i legami affettivi e amicali, prendere a ragion veduta la parola ci offre la possibilità di esprimerci ma anche di donare agli altri il proprio pensiero, quel tipo di contributo che andrà poi ad arricchire l’intesa e la comunione tra tutti.

don sergio carettoni