Ammesso che egli esista, non pochi filosofi affermano che è l’assurda presunzione di ogni credente quella di ergere se stesso a interlocutore di Dio, in atteggiamento di parola e di ascolto di lui, delle sue parole e dei suoi pensieri, quasi un tentativo di contenere nella piccolezza della sua esperienza umana e personale l’infinto e l’universalità di una divinità.
Tuttavia, Gesù afferma con tutta la sua vita che ascoltare Dio, restare in un costante e costruttivo atteggiamento di accoglienza della sua rivelazione, in permanente relazione dialogica con lui, è questione di sopravvivenza per ogni essere vivente, questione di vita e di fecondità spirituale, nonché di esperienza concreta di una parola di cielo che raggiunge e dà alimento di vita ad ogni dimensione esistenziale della propria storia personale.
Alla sequela di Gesù, sarebbe un assurdo pensare che ascoltare Dio equivalga soltanto a un semplice imparare, più o meno a memoria, l’intero libro delle Sacre Scritture, oppure ridurre l’atto dell’ascolto allo sforzo di ricordare senza commettere errore l’intera Legge divina, che nei testi sacri è stata raccolta, contenuta e tramandata di generazione in generazione.
Pur raccogliendo in essa la bellezza del racconto della storia del coinvolgimento di Dio con la storia intrigata dell’umanità, la Bibbia non contiene la totalità di Dio e Dio stesso non può essere ridotto al contenuto di un libro, per quanto possano essere sacre le pagine dell’Antico e del Nuovo Testamento. L’immensità di Dio, la vastità del suo essere pensiero, azione e creatività affettiva dell’umano, è una realtà oltre qualsiasi sforzo umano di comprensione e di contenimento: l’uomo non ha le dimensioni di Dio, anche se Dio si tuffa – in modo che solo lui sa fare – nel frammento esistenziale di ogni singola storia umana.
A livello personale poi, nel momento in cui guardiamo a noi essi, è sbagliato pensare che per ascoltare Dio basti più o meno un po’ di attenzione, come facciamo normalmente con le persone che ci stanno parlando. Al contrario, ascoltare Dio implica una fatica personalissima, positiva, buona, piena di soddisfazione, perché tutto l’udibile a noi possibile entra in un rapporto di confidenza e di fiducia reciproca di chi ascolta, appunto, e di chi parla per generoso dono di se stesso all’altro.
Più di ogni altra cosa, ascoltare Dio è vivere un rapporto rispettoso e delicato con lui, così come il Signore Gesù ce lo ha insegnato, presentandosi egli stesso come il contenuto amorevole della rivelazione dell’Altissimo. Ascoltare Dio è scoprire in prima persona, con l’aiuto della Chiesa intera, che in Gesù di Nazareth è Dio stesso a renderci capaci di capire, di recepire e di miscelare il suo amore col nostro amore umano e di tradurre lo stesso suo amore per noi in scelte e gesti di vita per lui, guidati tutti dalla sua volontà, accolta come nostro sommo bene.
Nella sua seconda lettera all’amico e discepolo Timoteo Paolo non si risparmia di scrivere con evidente chiarezza: «Tu però rimani fermo, fedele alla verità che hai imparato e della quale sei pienamente convinto. Ricorda da chi l’hai imparata. Tutto ciò che è scritto nella Bibbia è ispirato da Dio, e quindi è utile per insegnare la verità, per convincere, per correggere gli errori ed educare a vivere in modo giusto. E così ogni uomo di Dio può essere perfettamente pronto, ben preparato a compiere ogni opera buona» (2Tm 3,15.17). Come dare torto all’esortazione di Paolo, quando anche nella nostra vita più intima sentiamo essere in gioco la stessa forza trasformante della Parola divina; quando riconosciamo che la voce di Dio diventa in noi, nel profondo della nostra storia spirituale, una dinamica creativa di cielo, di Regno dei cieli. Costituiti e ben saldi sulla solidità del deposito della fede, fedeli fino all’ultimo respiro alla nostra vocazione di risposta alle domande di Dio, per un dono non certo frutto dei nostri meriti personali ci riscopriamo essere diventati testimoni della stessa verità di Dio, il suo amore.
Ascoltare Dio lo si impara, allora, tenendo ogni giorno il Vangelo in mano, sorreggendo sul palmo delle nostre mani il racconto della storia del Figlio suo amato Gesù, per cercare di comprendere come anche la nostra storia personale è capace di Dio e del suo amore, capace di atti di fede coraggiosi ed espressioni oblative della nostra filiale fiducia nell’opera della sua paternità.
Certo, si giunge ad ascoltare Dio nella misura in cui accettiamo in noi il dono della sua paternità e offriamo a lui il dono della nostra fiducia filiale. Fuori da questo scambio reciproco di doni, quelli del cuore e della mente, non è possibile ascoltare, non è possibile desiderare di essere a nostra volta ascoltati. Ma per chi ama tutto è possibile, anche ascoltare Dio!