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Prove per un selfie con Gesù

Prove per un selfie con Gesù

Quaresima 2016, un tempo per riflettersi nel Vangelo.

Dalla foto all’auto-foto, questo è il passo avanti? Cioè, dalla capacità di scattare una foto all’abilità di farsi da solo una foto, con dentro se stesso e il mondo attorno, questo è il traguardo che ci mancava?
È sicuramente un’arte quella di immortalare tutto ciò che riusciamo a cogliere nel raggio di uno sguardo; è un’arte cha sa un po’ di narcisismo, più o meno sano, quando nell’obiettivo di un social network riusciamo a introdurre il nostro volto.

Dai primi tentativi, inesperti e un po’ maldestri, in breve tempo siamo passati all’arte di fare con stile un selfie dopo l’altro, con per sfondo un paesaggio, un monumento, un luogo da ricordare, giusto per certificare il nostro passaggio; con per contorno un personaggio famoso, per dire civettuosamente “io l’ho incontrato davvero”.
Ma i selfie a pelle, quelli che più di ogni altro ci stanno a cuore, sono quelli fatti con gli amici, con le persone che con affetto desideriamo immortalare accanto a noi: qui gli scatti non bastano mai. Un selfie dopo l’altro, a costo zero, fino a giungere ad imparare e ad insegnare agli altri un vero e proprio bon-ton del brand di se stessi.
C’è da porci, però, una domanda, lecita e opportuna, soprattutto alle persone che si definisco credenti: “Perché non fare un selfie con Gesù?”. Intendiamoci bene, qui non si tratta di rispondere affermativamente o meno, se è giusto oppure no ritrarre se stessi con Gesù. La questione in gioco, questione di autenticità, è come – visto che lui ci sta davvero – fare un buon selfie con Gesù? Che cosa non può mancare nell’autoscatto con lui?
Tra le tante attenzioni da avere per non perdere i mille particolari da immortalare, il manuale del bon-ton della vita spirituale insegna che sono tre gli ingredienti indispensabili per fare ad hoc un selfie con Gesù: un paesaggio giusto, un contorno di persone e un look adatto.

Anzitutto il paesaggio, quello giusto è quello del Vangelo! Ogni selfie deve ritrarre noi stessi all’interno di una pagina di Vangelo. Non è altro che una scelta di campo; e c’è chi a proprie spese attraversa o abita paesaggi che non hanno nulla a che vedere con il Vangelo e, di conseguenza, con Gesù. Anche nelle nostre fragili esperienze di Chiesa, dalle più semplici a quelle ben più strutturate, è facile perdere la pratica della radicalità evangelica e arrivare a pensare di essere soci di Gesù solo per il fatto di ritrovarsi a faticare nella sua vigna. Purtroppo, per un numero considerevole di credenti, calza a pennello l’esempio di quell’operaio di una famosa casa automobilistica che fatica ogni giorno per realizzare a regola d’arte un’auto della marca del suo padrone ma poi, nella sua vita privata, acquista e guida un’auto di un’altra marca.
Con le dovute differenze, con il necessario rispetto, il singolo fedele non può paragonare Gesù e il suo Vangelo a un datore di lavoro e a un’occupazione a ore, entrambi disgiunti dalla sua vita personale, che nulla hanno a che vedere con le sue scelte esistenziali. Abitare il Vangelo nella continua ricerca di Gesù richiede a ciascuno la totalità di una scelta e la serietà di una relazione grazie alle quali si diventa e si resta in tutto per tutto, oppure per niente, discepoli di Gesù.

In secondo luogo, nel selfie con Gesù gioca un ruolo non secondario il contorno delle persone. In ogni pagina di Vangelo sono contenuti i semi della fraternità, tanto che ciascuno inizia a credere da solo, per sua libera scelta s’incammina lungo i sentieri del Vangelo, per poi ritrovarsi inserito in un cammino di fraternità e di comunione con Gesù e, di conseguenza, con tutti gli altri suoi discepoli.
Dal piccolo giro di amici, passando per l’esperienza del gruppo, via via fino ad arrivare alla Comunità parrocchiale e a quella ancora più grande di una Chiesa senza confini, nel selfie con Gesù c’è posto per raccontare la propria esperienza di compagnia, i momenti più vivi del proprio itinerario di fede e di condivisione dei doni di Dio. Cammini condivisi, quindi, tutti attorno alla persona del Risorto.

Per ultimo lo stile, il look si dice, quello adatto a fare un selfie con Gesù. Come con gli amici facciamo attenzione affinché tutti i particolari siano apposto, anche per il selfie con Gesù c’è bisogno di un occhio di riguardo a ché tutto di se stessi sia più che gradevole. Superando ogni nostalgico formalismo con il suo corrispondente bieco bigottismo, ecco allora la riscoperta dei Sacramenti, come un ritrovato tocco di eccezionalità nel grigiore della propria esistenza. Mi piace pensare sempre ai Sacramenti come a un entrare di Dio in contatto con la materialità della nostra storia, come alla sua originalissima impronta nell’altrettanto originalità delle nostre vite personali. Ne segue che i Sacramenti non possono essere più infilati alla svelta come abiti da cerimonia da esibire in determinate occasioni della vita; semmai indossati usualmente come un vero e proprio costume di vita, personalissimo, originalissimo, sapendo bene che come tale deve essere il nostro look di credenti e di discepoli di Gesù.
Caspiterina, un selfie con Gesù fatto con questi tre elementi indispensabili – Vangelo, Comunità e Sacramenti – è del tutto originale e, al tempo stesso, entusiasmante, perché ne esce un’immagine più o meno fedele della proprio profilo di credente: quanto di Vangelo, quanto di Comunità e quanto di Sacramenti di legge negli occhi di tutti.

La Quaresima è un po’ questo, un tuffo nella profondità di alcuni aspetti della propria persona, là dove i colori sbiaditi dell’anima sono da rianimare con i colori vitalizzanti del Vangelo; là dove i contorni sfuocati delle relazioni ritrovano la loro nitidezza grazie al supporto e al calore della fraternità e della comunione in Cristo; infine, là dove un’immagine graffiata di se stessi ha la possibilità di un delicato lavoro di ritocco, di restyling, proprio per mano e ad opera di Dio.
Accettare la sfida di mettere in agenda personale un tempo tutto per Sé, per la propria mente, più che mai bisognosa di punti fermi di serenità; del proprio cuore, in cerca di situazioni affettive positive e sane; del respiro del proprio spirito, in ricerca di ossigeno di vita eterna: questa è la Quaresima che ci auguriamo reciprocamente, più che mai bella, come bello sarà alla fine il selfie con Gesù. E poi, come spesse volte accade, il resto non serve davvero per la nostra felicità.

don sergio carettoni