A mo’ di commento, per tutto quello che ogni giorno accade a noi e attorno a noi, qualcuno se ne esce dal problema con un abbondante sospiro di sollievo e con la convinzione interiore di essere atterrato su di un mondo sbagliato. Può darsi; ma il mondo è così com’è.
Forse sbagliati incominciamo ad essere noi: più che dove e come siamo atterrati, il problema è in che modo in questo mondo siamo, ci poniamo, facciamo… e alla fine, passiamo.
Certo, anche il mondo può essere sbagliato per tanti motivi, come invece per altrettante ragioni può essere definito davvero un bel mondo, per certi versi ancora tutto la esplorare.
Ma al di là della vita del globo terreste, qui il mondo a cui ci si riferisce ha a che fare con la storia dell’umanità e nell’umano c’è sempre il tremendo e l’affascinante, ciò da cui si scappa a gambe elevate e nuovi motivi per sedersi e contemplare estasiati la bellezza di una persona, del suo vissuto e del suo cuore.
E se da una parte il tempo della vita sul pianeta terra passa secondo dopo secondo, al contrario l’umanità resta, essa non passa. Checché se ne dica, essa è ben ancorata al significato profondo del suo esistere, sostenuta dalla certezza di una eternità di senso custodita dentro una eternità di presenza in essa, quella del suo Creatore.
Troppo spesso abbiamo pensato a un’umanità richiusa nella sua benedetta arca di Noè, in preda allo sconvolgimento del diluvio e ai saliscendi delle sue vorticose acque mortali. Sì, per difendersi dal male l’umanità si è anche richiusa nell’arca, ma essa è diventata realmente se stessa solo lungo il cammino del tempo, nel coraggioso ardimento di farsi carico delle risposte di futuro e di vita. In questo Dio è beatamente orgoglioso; ben consapevole di non avere sbagliato a donare fiducia, libertà e amorevolezza alle sue creature; un Dio continuamente curioso e divertito alla vista di quel guizzo creativo che ogni uomo porta in sé.
Anche il Vangelo si presenta come un mondo, con una serie di fotografie e racconti belli e meno belli di tante storie personali; un mondo in cui è possibile soprattutto il contatto tra l’umano e il divino, dentro una relazione di incontro e di reciproco dono: l’amore salvifico di Dio per l’umanità, la fiduciosa amorevolezza dell’umanità per il suo Dio. Qui le cose cambiano radicalmente e si spostano a grandi altitudini, sia per Dio, sia per ogni singola persona ora in relazione vitale con lui.
Sarebbe altamente errato, riduttivo, se cercassimo dentro le pagine del Vangelo soltanto input di educazione al senso civico delle nostre esperienze umane, una sorta di educazione alla vita buona delle nostre città. Il Vangelo non educa ad essere buoni, ma molti di più; c’è un graduale ma costante lavoro di trasformazione da cittadini appartenenti a un mondo in cui c’è l’inferno del troppo di tutto, a cittadini di un mondo nuovo, un Regno nuovo, in cui è ossigeno per tutti quella forza santificante che proviene da una direzione opposta da cui siamo venuti tutti.
Nel mondo di Dio Gesù si autodefinisce la porta della vita, che permette a chiunque di entrare in una realtà esistenziale totalmente nuova; al tempo stesso, Gesù è la porta che permette di uscire definitivamente da tutto ciò che costituisce la negazione della bellezza della vita umana. Se nel primo mondo la prospettiva finale è quella determinata dalla inevitabile esperienza della morte, nel nuovo mondo la prospettiva è quella di Dio, con un nuovo inizio, una vita diversa, un passo ben oltre la soglia della morte: la vita nuova nello Spirito del Risorto.