Il terzo verbo da mettere in gioco, nel tentativo di riformulare la vita di ogni singola Comunità cristiana, è quello del seguire. Dopo una prima esperienza di ascolto, e una ancora più prolungata di conoscenza di Dio, delle persone e della Chiesa, è più che normale che le persone si decidano di muovere insieme i loro primi passi, condividendo tra loro strada, direzione e meta.
Di fronte a un verbo così importante, qual è quello del seguire, con esso siamo soliti intendere l’atto del camminare di una persona dietro ad un’altra persona, così come dietro a un gruppo di compagni di viaggio. Seguire diventa soprattutto un andare dietro a qualcuno di ben preciso, non certo a uno sconosciuto, oppure dietro a chi non ispira per nulla fiducia.
Fin dal primo passo, trovandosi coinvolta la totalità del proprio essere una persona in movimento subito dietro le spalle di un’altra persona, seguire comporta la scelta fiduciosa di camminare dietro a chi sta avanzando e precedendo un poco più avanti. Ma intendere semplicemente così il verbo seguire sarebbe riduttivo e solo un prendere in considerazione la modalità di percorrenza della medesima strada: chi un passo più avanti, chi un po’ più indietro.
Camminando sulla stessa strada in una direzione precisa e secondo una linea tracciata ben bene da quelle che possiamo ritenere le indicazioni stradali di tutta una vita, il viaggio in corso porta gradualmente in sé la certezza di una meta da raggiungere insieme, poiché chi segue si lascia condurre proprio da quelle persone che conoscono meglio di altri il punto d’arrivo e che, per questo motivo, precedono indistintamente tutti un poco più oltre.
Rispetto a chi procede, seguire vuole dire anche avere nella testa e nel cuore la medesima motivazione per lo stesso viaggio, l’importanza di una direzione condivisa e percorsa insieme, un cammino da compiere a due o a più persone, con però una sola meta uguale per tutti.
Essendo un’esperienza di condivisione, passo dopo passo si raggiunge insieme lo stesso traguardo; e il viaggio e la direzione diventano bagaglio di ricordi e di memoria, il racconto di una storia vissuta in spirito di compagnia. Sì, perché nella scelta di seguire un’altra persona non si tratta certo di fare qualcosa a rimorchio di essa, uniformandosi supinamente alle sue idee, tantomeno lasciandosi semplicemente condurre dalla corrente e andando avanti alla cieca e secondo il verso della direzione del vento. Piuttosto, seguire è mettere il proprio piede, per scelta e con consapevolezza, dentro le orme lasciate da chi, un poco più avanti, sta aprendo la strada; prendendo a esempio la sua storia, la sua volontà, la sua tenacia, la sua costanza e, in modo particolare, la sua passione per il viaggio della vita. È un prendere qualcuno di significativo per se stessi a modello da seguire, un esempio di stile, di armonia, di fraternità e di paternità tutta da vivere all’interno di una relazione interpersonale capace di oblatività e di accompagnamento verso la maturazione integrale di chi segue.
Con squisita delicatezza l’evangelista Giovanni riporta nel suo Vangelo le parole che Gesù disse un giorno ai suoi discepoli: «Io sono il buon pastore: io conosco le mie pecore ed esse conoscono me. Chi entra dalla porta è il pastore. A lui il guardiano apre, e le pecore ascoltano la sua voce; egli le chiama per nome e le porta fuori. E dopo averle spinte fuori tutte, cammina davanti a loro. E le sue pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo, invece, non lo seguono, anzi fuggono da lui, perché non conoscono la voce degli estranei» (Gv 10,14.2-5).
È chiaro che nella vita si segue solo chi si conosce, non certo chi risulta essere un sconosciuto, magari fosse anche il primo che passa per strada e che fischia un invito a seguirlo. Non si segue chi non si è scelto come guida, come mentore, chi non è stato vagliato alla luce dei propri sensi naturali e spirituali: si segue solo chi si vede, chi si ascolta, chi non puzza di bruciato, chi si tocca e chi si gusta buono per la propria vita. È questione di discernimento, poiché prima di scegliere chi seguire ciascuno fa i suoi conti, prendendosi un congruo tempo di riflessione sull’opportunità o meno di una scelta così coinvolgente e determinante per la propria futura gioia.
Se seguire è andare per la strada scelta da un’altra persona, seguire è sommamente la conseguenza di un vero atto di fiducia e di affidamento di tutto se stessi alla verità abbracciata per prima proprio da quella persona, la quale giorno dopo giorno testimonia con la sua vita la bontà e la ragionevolezza del cammino, della direzione e della meta. E la fiducia si traduce in un’espressione di affetto per quanti precedono e si è imparato a conosce personalmente, quotidianamente dentro un viaggio che è diventato un’esperienza unica di compagnia nella vita.