don sergio carettoniblog curato personalmente dall'autore
Senza Gesù il suicidio della Chiesa è nei suoi figli

Senza Gesù il suicidio della Chiesa è nei suoi figli

lunedì
quarta settimana di quaresima

Se la vita della Chiesa è anzitutto dentro la vita dei suoi figli, senza la conoscenza di Cristo, e la conseguente relazione a pelle con lui, è la fine della Chiesa; e non solo della Chiesa fatta di istituzione, bensì della Chiesa di persone, di sacramenti, della sua presenza profetica nel mondo…
La Chiesa, che prima di ogni altra realtà spirituale va incontro al suo suicidio, è quella che purtroppo ha smarrito in sé il senso del suo esistere; è la Chiesa che via via muore o vive dentro i suoi figli, nella misura in cui essi mantengono vivo, o abbandonano giorno dopo giorno, il senso del loro essere discepoli del Risorto.
Non ci piace molto sentire giungere alle nostre orecchie il suono di queste parole amare, eppure dobbiamo ammettere che la non conoscenza di Cristo in molti battezzati, purtroppo riscontrabile a livello sia personale sia comunitario, determina l’arresto di ogni cammino di fede, di discepolato, di ogni possibile esperienza di fraternità, di comunione nella fede, di Chiesa, appunto. Proprio la mancanza di fede in Gesù porta via via allo smarrimento in se stessi della sua memoria viva di Risorto; i lineamenti amabili del suo volto nei nostri occhi si sbiadiscono sempre più, fino a diventare davvero difficile ritrovarli e riconoscerli sul volto dei fratelli e delle sorelle più bisognosi del nostro amore.
Per certi versi dentro, per altri motivi attorno a noi, la situazione è proprio questa: in tanti battezzati tocchiamo con mano la loro non conoscenza di Gesù, la progressiva perdita in essi della memoria di lui e, di conseguenza, l’indebolimento del loro senso di appartenenza alla medesima Chiesa, quella del Risorto.
Come sempre, giusto per confondere un po’ le carte in tavola, alcuni – forse quelli che più di tutti gli altri hanno a che fare con questo problema di conoscenza di Gesù –, alcuni hanno la presunzione di rappresentarlo, di farsi maestri degli altri, di compiere molte cose in suo nome, o per lui, o al posto suo o per proprio conto, ma… I più non conoscono Gesù se non per nome, per quello che egli ha detto e fatto. Nell’interiorità profonda del loro cuore e della loro mente proprio essi non dimostrano di sapere davvero chi egli sia stato un tempo e chi egli sia ancora oggi. Alcuni cercano di impossessarsi degli effetti speciali di Gesù, ma non conoscono pressoché nulla della ferialità divina del Figlio di Nazareth, del Risorto.
Per chi si definisce suo discepolo, il fatto di non conoscere Gesù porta in sé qualcosa di sconvolgente e di drammatico; un processo di inarrestabile oblio del senso ultimo di ogni respiro umano. È un annullamento progressivo della grazia di Dio che necessita di essere stoppato, recuperato con un profondo lavoro di riannuncio a se stessi del Vangelo, ripartendo dalla sua cristallina purezza.
Per questo, di fronte a un così grave pericolo, quale quello del suicidio della Chiesa a motivo dell’ignoranza di Cristo nei suoi figli, è da mettere al pubblico bando ogni spirito di rassegnazione. Occorre non smettere mai di credere che nulla vi è di definitivo, di irrimediabilmente perduto quando si entra in contatto con l’Assoluto. Tutto è possibile, grazie all’impegno di ciascuno: è possibile recuperare se stessi e gli altri fratelli di Chiesa, anche se ciò metterà a dura prova sia il nostro amore per Gesù, sia la nostra volontà di restare ancora e sempre suoi discepoli.
Perché la Chiesa non abbia fine, ecco l’urgenza di rimetterci tutti alla Scuola del Vangelo, per leggere d’accapo, ancora una volta, la storia di Gesù e riflettere insieme, nuovamente sul senso del nostro esistere, riponendo lui al centro. Prendendo come punto di partenza i testi evangelici, imporci coraggiosamente di dare inizio a un viaggio d’immersione con tutto noi stessi nei racconti e negli episodi narrati dagli evangelisti, per cercare di comprenderli nella loro verità e ritrovare in essi il senso dei sentieri delle nostre storie personali e comunitarie, spiegando ogni parola evangelica a noi stessi e agli altri, per una significativa, nuova evoluzione spirituale. Oltre che urgente, questo è davvero possibile, perché è solo quando si riesce a rielaborare un tema e a formularlo con le proprie parole che lo si è fatto proprio e compreso.
Perché possiamo fronteggiare il pericolo enorme che Gesù venga distrutto o svilito da un certo tipo di ignoranza di lui, anche da parte di tanti battezzati, è importante che ciascuno si addestri nella lotta della giunga dei dettagli, dove più che viaggiare con una bussola di dogmi è indispensabile una frequentazione del Risorto con tutta la pelle del proprio cuore e l’intelligenza della propria mente spirituale.
Per una Chiesa che voglia coraggiosamente affrontare le sfide del presente, più che desiderare il ritorno nel futuro di un passato ormai per sempre alle nostre spalle, narrare la conoscenza di Gesù è garanzia di generare noi stessi e le nuove generazioni alla vita della fede, all’esperienza della salvezza nella medesima Chiesa, luogo di fraternità e di santificazione questa sempre grazie alla forza dello Spirito, il solo capace di abitare il cuore e la vita dei discepoli del Figlio amato di Dio, Gesù!

Liturgia della Parola:
Is 65,17-21
Sal 29
Gv 4,43-54

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