don sergio carettoniblog curato personalmente dall'autore
Servire è l’originalità dell’amore dei cristiani
A woman with a broken heart in field.

Servire è l’originalità dell’amore dei cristiani

All’interno del vocabolario della propria vita ci sono alcuni verbi difficili da praticare, soprattutto da abitare; uno tra i tanti è il verbo servire, con tutti i suoi possibili simili e derivati.
Servire è una scelta di mente, di cuore e di vita, non solo rispetto a cosa fare, sarebbe davvero troppo facile e a volte anche proprio comodo. Servire è mettere tutto se stessi di fronte a qualcuno e a qualcosa che chiede attenzione, comprensione, compassione, sostegno, aiuto…, ma soprattutto relazione. Servire è il modo più umano per entrare in contatto a pelle con il mondo, con gli altri e, più di ogni altra realtà, con Dio.


Anche se molti hanno l’abitudine di pensare al verbo servire come a un verbo coniugato nella vita soltanto nella forma dell’imperativo, una costrizione di coscienza cioè a dare la propria risposta ai bisogni materiali, alle mancanze, alle necessità delle persone più povere e che a noi si rivolgono in diversi modi con la mano tesa verso la nostra abbondanza, alla fine non è così. Sarebbe troppo facile praticare e abitare questo verbo della fraternità, solo perché costretti da un imperativo di coscienza personale o di gruppo.

All’interno del verbo servire coesistono insieme invece una difficoltà e una opportunità ancora più grandi: restare svegli e non perdere di vista il valore della bellezza della vita propria e altrui; e, a un secondo livello, cercare di aiutare la bellezza presente nelle altre persone ad espandersi in ogni dimensione della loro vita umana.


Servire, più difficilmente, ma anche in modo più entusiasmante e gioioso, è mettere tutto se stessi a disposizione delle capacità e dei doni che le altre persone già possiedono dentro di loro, e di cui spesso smarriscono la memoria. Un servizio originalissimo, quello richiesto oggi all’interno dei vari cammini spirituali illuminati dal Vangelo, all’interno della stessa Chiesa, affinché le persone siano aiutate a credere molto di più nelle loro potenzialità interiori e a mettere a disposizione dei propri compagni di viaggio le ricchezze di cui possono diventare custodi consapevoli.
Servire il bene presente nelle persone è un tipico verbo usato e spiegato molto bene da Gesù, il quale, una volta superata la zona buia incontrata nella vita di una persona, a quella persona egli propone di accettare un modo diverso di concepire sia la vita propria sia la vita degli altri, fino a chiedergli di giocarsi tutto per tutto nel servizio dell’amore e della gioia dei figli di Dio. Illuminato e colorato, così, dall’esperienza di Gesù, il verbo servire si riveste delle emozioni dell’amore e della gioia dei figli e delle figli e di Dio e dei fratelli del Vangelo del Signore.

Ce lo ricorda molto bene l’evangelista Luca che, raccogliendo la testimonianza dei presenti all’ultima Cena, non si lascia certo sfuggire la raccomandazione fatta da Gesù ai suoi discepoli, affinché essi smettano di praticare la mentalità del mondo e assumano con coraggio quella propria di Dio: «Tra i discepoli sorse una discussione per stabilire chi tra essi doveva essere considerato il più importante. Ma Gesù disse loro: “I re comandano sui loro popoli e quelli che hanno il potere si fanno chiamare benefattori del popolo. Voi però non dovete agire così! Anzi, chi tra voi è il più importate diventi come il più piccolo; chi comanda diventi come quello che serve. Secondo voi, chi è più importante: chi siede a tavola oppure chi sta a servire? Quello che siede a tavola, non vi pare? Eppure io sto in mezzo a voi come un servo”» (Lc 22,24-27). Parole molto chiare, espressioni che non lasciano possibilità di altra interpretazione se non quella della verità dell’amore: servire per amore e amare fino a servire!

Sta tutta qui l’originalità dell’impegno dei cristiani per le altre persone, a qualunque realtà esse appartengano; una creativa capacità di servizio, non detta da imperativi etici e di buon vicinato, ma alla luce del valore della custodia e della cura di chi non è stato abbandonato alla periferia del proprio cuore.

don sergio carettoni