rubrica:
PASTORALE in DIVENIRE (1)
Il pensiero è già avanti, anche se i piedi sono ancora per un istante fermi sul posto. Ancora immersi in questo vissuto, ecco un ultimo sguardo attorno, per vedere che cosa portare via, per decidere adesso che cosa lasciare qui per sempre. È un prendere e un lasciare, anche se ancora un po’ confuso, ma ogni frammento di se stessi già si ricompone dentro la medesima decisione. E poi partire.
È viaggio, è fuga? È un passo oltre ciò che ora si sceglie di lasciare alle spalle? In questo istante è troppo presto per saperlo, per farsene un’idea e per averne una convinzione profonda. Ci vuole tempo per capitalizzare che cosa sta accadendo adesso, che cosa d’ora in poi si andrà a sperimentare in un senso e nel suo opposto. Ci vuole tempo per capire che cosa vuol dire oggi camminare insieme dentro un processo creativo in continuo divenire.
Decidendo di partire, di varcare in uscita la soglia di vissuti fin troppo istituzionalizzati, il moto del cuore è quello di non restare soli, pur dentro un groviglio di vissuti e di relazioni che per troppo tempo sono “sempre stati così”. Decidere di varcare un oltre, di compiere cioè un primo passo, per mettere il proprio piede oltre perimetri già consolidati, sa molto di esodo, di sbilanciamento in avanti, di uscita per sempre da mondi fin troppo sperimentati e conosciuti nei loro limiti e nelle loro autoreferenzialità.
Ma c’è esodo ed esodo, non solo verso nuove terre, che nel tempo invecchieranno e saranno a loro volta da abbandonare. Esodo si è solo dentro lo sforzo di apprendere, mantenere e testimoniare uno stile di vita sempre abitato dal desiderio di dare il primato alla forza attrattiva dell’ascolto, dentro la sequela di una voce di senso, profondamente centrati sulla motivazione interiore ed esteriore ad essere lungo la strada del deserto i primi in avanti, ma mai i chiudi carovana.
Non c’è esodo senza un nuovo modo di essere leader, accettando costui la chiamata dello Spirito a spendersi ogni istante per riparare anzitutto il tessuto delle relazioni comunitarie rese lise da un frenetico passato di moltissime cose fatte per la causa, di pochissime fatte per vivere e per attraversare insieme occasioni di cura e di guarigione dell’esperienza irrinunciabile della fraternità, quella dallo stile e dal sapore evangelico. E nella leadership esodale, per un nuovo modo di stare accanto a quanti si riconoscono compagni di viaggio, ecco tre caratterizzazioni di un servizio autenticamente abitato dalla forza propulsiva dello Spirito: leader è colui che agisce con discrezione; è colui che ha il bene comune come prospettiva di ogni suo essere lì in mezzo al gruppo ed accanto al singolo compagno di strada; è colui che esprime con stile profetico ed umile la capacità di muoversi con saggezza nel breve, medio e lungo termine. Ma più di tutto, proprio dentro questo evolversi anche a livello ecclesiale di un inarrestabile cambio d’epoca, sentendosi eco nel suo piccolo della voce di Colui che chiama ad uscire da mondi antichi per terre nuove, il leader è capace di fare sua la trasgressione oggi più grande di tutte, quella di pensare scintille di contatto tra l’impossibile umano e il possibile evangelico.
“Si parte!” è la voce che risuona ai crocicchi dei nostri vissuti ecclesiali; è l’annuncio che oltrepassa finestre e porte di luoghi fin troppo abitati da regolamentati “si è sempre deciso così”, “si è sempre fatto così”. La notizia che “Si parte!” arriva al cuore, alla mente e alla capacità di azione di tutti coloro che amano ciò che abita la loro esperienza di fede, ma che sono pronti a mettere in moto la loro stessa fede dentro il binomio inscindibile di “tempo e spazio”, cioè di istanti e di luoghi che diventano sentiero, strada, tenda da vivere con una sobria ebrezza dello Spirito.
“Si parte!” dentro un esodo, che sa un po’ di antico, ma che alla luce del criterio della discontinuità con quanto ha caratterizzato il giorno di ieri, oggi acquista il sapore della leggerezza, della adattabilità di senso ai vissuti liquidi dell’attuale dato antropologico.
“Si parte!”, ma fin d’ora è certo che tutto quanto andremo ad attraversare nell’oggi e nel domani del viaggio diventerà il racconto di questa storia che stiamo imbastendo adesso. E, parafrasando un pensiero del regista turco Ferzan Özpetek, dentro un’esperienza condivisa di senso, come quella a cui è chiamata la Chiesa oggi, dentro il sogno di un viaggio che si riveste dell’elemento fraterno dell’esodo, quando si ritrova il coraggio comunitario di raccontarla, la storia che si sta sperimentando, tutto cambia; perché nel momento stesso in cui la vita di un sogno condiviso si fa racconto, il buio si fa luce e la luce indica ai più la strada di un prossimo arrivo e di una nuova partenza.
Del resto, l’esodo è la bellezza di un ancora senza fine!