commento spirituale a
Mc 1,21-22
21 Gesù e i suoi discepoli giunsero intanto alla città di Cafàrnao e quando fu sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare.
22 La gente che ascoltava era meravigliata del suo insegnamento: Gesù era diverso dai maestri della Legge, perché insegnava loro come uno che ha piena autorità.
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Ne sono sempre più convinto, Gesù, che c’è in tutte le cose visibili che mi circondano una invisibile fecondità, la tua.
Anche quel piede, che ha varcato un giorno la soglia della sinagoga di Cafarnao, è lo stesso tuo piede che varca stasera, in modo invisibile, la soglia della mia intimità.
A me Tu rivolgi parole feconde, le sole che riescano ad accendermi dentro, fino a farmi sentire vivo negli angoli più nascosti del cuore. Ma a differenza del fiume di parole che mi avvolge ogni giorno nello scorrere delle sue ore, le tue parole, Gesù, hanno un non so che di unico e di singolare.
La gentilezza delle parole che Tu pensi, scegli e sussurri a me ha il solo scopo di riscaldare quel luogo di santità, la Chiesa, dove le persone, che ancora si siedono insieme l’una davanti all’altra, trovano la forza di guardarsi di nuovo negli occhi, per parlare tra loro finalmente di Dio.
Ma ora, mentre in questo istante la notte abbraccia la metà della terra, sdraiato io, fianco a fianco sul lato ormai quieto del mondo, chiudo gli occhi e mi consegno a Te nel sonno più sereno e silenzioso.
Ormai lo so, Gesù, che il tuo silenzio è fonte di forza e di gioia; e questo mi basta per credere che anche domani la tua Grazia mi raggiungerà per le strade invisibili di tutte le cose create.
Non mi resta allora che accoglierti dentro, poiché davvero ho imparato a ospitare in me la tua invisibile presenza, teneramente e con una indescrivibile umiltà.